giovedì 24 luglio 2008

prendere "dualismo" di Arrigo Boito come inno al nichilismo elegante (parti in grassetto rlevanti)

Son luce ed ombra; angelica
farfalla o verme immondo
sono un caduto cherubo
dannato a errar sul mondo,
o un demone che sale,
affaticando l'ale,
verso un lontano ciel.

Ecco perché nell'intime
cogitazioni io sento
la bestemmia dell'angelo
che irride al suo tormento,
o l'umile orazione
dell'esule dimone
che riede a Dio, fedel.

Ecco perché m'affascina
l'ebbrezza di due canti,
ecco perché mi lacera
l'angoscia di due pianti,
ecco perché il sorriso
che mi contorce il viso
o che m'allarga il cuor.

Ecco perché la torbida
ridda de' miei pensieri,
or mansueti e rosei,
or violenti e neri;
ecco perché con tetro
tedio, avvincendo il metro
de' carmi animator.

O creature fragili
dal genio onnipossente!
Forse noi siamo l'homunculus
d' un chimico demente,
forse di fango e foco
per ozioso gioco
un buio Iddio ci fe'.

E ci scagliò sull'umida
gleba che c'incatena,
poi dal suo ciel guatandoci
rise alla pazza scena
e un dì a distrar la noia
della sua lunga gioia
ci schiaccerà col pie'.

E noi viviam, famelci
di fede o d'altri inganni,
rigirando il rosario
monotono degli anni,
dove ogni gemma brilla
di pianto, acerba stilla
fatta d'acerbo duol.

Talor, se sono il demone
redento che s'india,
sento dall'alma effondersi
una speranza pia
e sul mio buio viso
del gaio paradiso
mi fulgureggia il sol.

L'illusion-libellula
che bacia i fiorellini,
-l'illusion-scoiattolo
che danza in cima i pini,
-l'illusion-fanciulla
che trama e si trastulla
colle fibre del cor,

viene ancora a
sorridermi
nei dì più mesti e soli
e mi sospinge l'anima
ai canti, ai carmi, ai voli;
e a turbinar m'attira
nella profonda spira
dell'estro ideator.

E sogno un'Arte eterea
che forse in cielo ha norma,
franca dai rudi vincoli
del metro e della forma,
piena dell'Ideale
che mi fa batter l'ale
e che seguir non so.

Ma poi, se avvien che l'angelo
fiaccato si ridesti,
i santi sogni fuggono
impauriti e mesti;
allor, davanti al raggio
del mutato miraggio,
quasi rapito, sto:

e sogno allor la magica
Circe col suo corteo
d'alci e di pardi, attoniti
nel loro incanto reo.
E il cielo, altezza impervia,
derido e di protervia
mi pasco e di velen.

E sogno un'Arte reproba
che smaga il mio pensiero
dietro le basse immagini
d'un ver che mente al Vero
e in aspro carme immerso
sulle mie labbra il verso
bestemmiando vien.

Questa è la vita! L'ebete
vita che c'innamora,
lenta che pare un secolo,
breve che pare un'ora;
un agitarsi alterno
fra paradiso e inferno
che non s'accheta più!

Come istrion, su cupida
plebe di rischio ingorda,
fa pompa d'equilibrio
sovra una tesa corda,
tal è l'uman, librato
fra un sogno di peccato
e un sogno di virtù.

(Arrigo Boito, "Dualismo")

mercoledì 23 luglio 2008

L’APPROCCIO DEL NICHILISTA ELEGANTE ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA: Nietzsche e lo Schopenhauer come (maleducato) educatore


Nietzsche e lo Schopenhauer come (maleducato) educatore

Quante volte avvicinandosi a Nietzsche lo si riconduce alla linea di rapporto con Schopenhauer? Si noti bene, l’eredità schopenhaueriana del filosofo di Rocken è indiscutibile, ancor più se ci rimettiamo alle semplici ammissioni di Nietzsche stesso e al tributo rappresentato da Schopenhauer come educatore . Ecco che però, un passaggio ben poche volte sottolineato emerge dai primi passi del capitolo noi dotti in al di là del bene e del male:

[…] l’influsso esercitato da Schopenhauer sulla Germania moderna – con il suo sciocco furore contro Hegel è riuscito a estromettere l’intera ultima generazione dal rapporto con la cultura tedesca, la quale cultura, tutto considerato, ha rappresentato un culmine e un affinamento divinatorio del senso storico; ma proprio su questo punto lo stesso Schopenhauer era povero, non recettivo, non tedesco fino alla genialità. (p.106 della edizione Adelphi)

Il problema di Nietzsche non sta nel fatto che egli periodicamente riveda figure intellettuali per lui “paterne” (cfr. caso Wagner) quanto invece nel fatto che egli tenga, quasi maniacalmente, a conservare e gettare in una sorta di metabolismo spirituale l’aristocraticità e la plebeità di ogni pensatore. Con buona pace degli interpreti - mi verrebbe da dire – “conflittualisti”, la storia della filosofia per Nietzsche non deve essere il luogo del “rigetto”. Chi si lascia abbagliare dall’efferatezza con cui egli tratta ora qua ora là taluni o talaltri filosofi non avrà mai compreso il profondo amore che lega Nietzsche ad ogni filosofo. Ma già da solo egli sapeva che tale pericolo risiede in

Quell’acromatopsia dell’uomo utilitario, il quale nella filosofia altro non vede se non una serie di sistemi confutati e una prodiga magnificenza che non ‘serve’ a nessuno. (Ivi)

Ma se già in Aristotele vediamo che “la filosofia non serve a nulla, dirai; ma sappi che proprio perché priva del legame di servitù è il sapere più nobile”( Metafisica I, 2, 982b), anche nel mio articolo di tempo fa sulla “divina inutilità” del filosofo troviamo ragioni per difendere l’inattaccabilità di ogni buon filosofo in quanto tale.

Nessun filosofo ha il diritto, dunque, di figurare sé e gli altri filosofi con la spada di Damocle all’altezza dello spirito.

Detto ciò, cosa ancor più importante sta nel non vivere tale presa di coscienza con quell’ “istinto democratico” al quale il nostro porre ordine occidentale, per così dire, è soggiogato. Bisogna evitare il pericolo più grande che può derivare dal conoscere l’inesistenza della spada di Damocle, ovvero quello che ha “radicalmente pregiudicato la venerazione per la filosofia e ha spalancato la porta all’istinto della plebaglia” (p.106) . Perché anche il “serio” studioso di filosofia può inceppare le sue fortune. Si veda pagina 119 nel capitolo noi dotti di al di là del bene e del male della sopra citata edizione Adelphi:

Insisto nel dire che si cessi finalmente dallo scambiare per filosofi gli operai della filosofia e soprattutto gli uomini di scienza […] Può darsi che per l’educazione del vero filosofo sia necessario che anche lui si sia arrestato una volta su tutti questi gradini ai quali i suoi servitori, gli operai scientifici della filosofia, restano inchiodati; forse deve essere stato anche lui un critico e uno scettico e un dogmatico e uno storico, e oltre a ciò un poeta e un raccoglitore e un viaggiatore e un divinatore di enigmi e un moralista e un veggente e un “libero spirito”, quasi ogni cosa, per percorrere la cerchia dei valori e dei sentimenti di valore umani e per potere scrutare dall’alto verso ogni lontananza, dagli abissi verso ogni altitudine, dal cantuccio verso ogni orizzonte.