mercoledì 3 dicembre 2008

L'insostenibile leggerezza di Milan Kundera

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L'intellettuale stanco, che non ha voglia né interesse di prestare attenzione più a nessuna cosa, l'intellettuale che per qualche mese che si è lasciato con la ragazza a vent'anni ha letto qualcosa di Nietzsche e ha ben pensato di avere fra le mani un buon motivo per non spararsi, sebbene con l'atteggiamento di chi, se avesse la pistola al posto della sigaretta appoggiata alla più esistenzialista delle pose, non cambierebbe di una virgola la sua espressione. L'intellettuale per cui tutto questo è curriculum e ogni cosa da dire a mezza bocca è permessa, o perlomeno, una verità più grande di qualsiasi altra, proprio perché sorniona. Il sogno di essere un sociologo francese mai esaudito, insomma, o un comunista disilluso (o illuso?).
L'insostenibile leggerezza di Milan Kundera, autore de l'insostenibile leggerezza dell'essere (1982) è quella che lo porta ad aprire il suddetto romanzo esponendo l'eterno ritorno nietzschano come una sorta di ricorrenza calendariale; Lowith, Heidegger e Deleuze mettono doppia chiusura al loro sepolcro.
E' tutto riassunto nell'incipit, lo strazio della filosofia sotto la matita del cecoslovacco:

"Parmenide vedeva l'intero universo in coppie di opposizioni[...] uno dei poli dell'opposizione era per lui positivo[..] l'altro negativo. Questa suddivisione in un polo positivo e in uno negativo può apparirci di una semplicità puerile. Salvo in un caso: che cos'è positivo, la pesantezza o la leggerezza?Parmenide rispose: il leggero è positivo, il pesante è negativo. Aveva ragione oppure no?".

Pardon, ma questo periodo è una sequenza di validi motivi per un voltastomaco inesauribile.
Posto che la lettura di Parmenide è qui di una banalità rivoltante, è anche evidente che l'attenzione per l'essere da parte di Kundera si ferma al momento in cui intende usarne la parola nel titolo. Inoltre: la suddivisione fra polo positivo e negativo sarebbe "puerile", mentre l'unica cosa che conterebbe è se Parmenide abbia "ragione o no"? Questo uso della filosofia alla "pari e dispari" fra due ebeti fanciulli non può funzionare in genere, figuriamoci con Parmenide. Platone impiegò una vita filosofica a discutere Parmenide; Kundera in un passo a pagina 14 vuole risolvere in un un solo "interessante" dualismo il Sentiero del Giorno, l'eternità dell'essere, il fondamento dell'ontologia e tutto il "peso" del Sulla Natura del povero filosofo eleate.
Bene, sino a qui, almeno, abbiamo di che divertirci con il nostro dissenso. Ma il gusto del negativo si rattrappisce un solo secondo dopo, quando, con estrema nausea, leggiamo l'immediato proseguimento della stessa pagina su Parmenide:

"sono già molti anni che penso a Thomas[...] aveva incontrato Tereza per la prima volta circa tre settimane prima in una piccola città della Boemia[..]"

I poli negativi e positivi in Parmenide e poi... Tereza e Thomas?
Assistiamo a questo gioco di isignificanti reportage degli amori fra questi personaggi cecoslovacchi e viaggi fra Praga e Zurigo almeno fino a pagina 40, dove Kundera si risveglia dal torpore dei suoi racconti insipidi e stancanti dando, come risposta al grande problema su Parmenide posto tante pagine prima, una risposta sollevante: " a differenza di Parmenide, per Beethoven la pesantezza era a quanto pare qualcosa di positivo". Il dilemma ontologico parrebbe teoreticamente risolto con questa incontrovertibile verità Kunderiana. Ma l'autore, nella stessa pagina, fa professione di inimmaginata onestà:

"L'allusione a Beethoven era in realtà per Thomas un modo per ritornare a Tereza".

Lo sconforto. E la nostalgia per tutto che non accenni alla filosofia nel romanzo. Proseguendo, la grettezza filosofica di Kundera si deterge, nell'amato viaggio fra gli amori perplessi di Thomas (che ama Tereza), Tereza (che ama Thomas), Franz (che ama Sabina) e Sabina che ama Franz, anche se con l'interessante scarto di qualche mese di stop.
Ma ecco che a pagina 252 ci troviamo di fronte al pericolo di imparare qualcosa di più della filosofia, quando il grande Giovanni Scoto Eriugena viene originalmente ricordato non per le quattro divisioni dell'essere divino, non per la riflessione su fede e teoresi, non per il discorso sulla libertà umana ma per..."la merda" :

"Nelle considerazioni di Scoto Eriugena possiamo troare la chiave di una sorta di giustificazione teologica della merda. Gesù non defecava. [...] nella terza parte di questo romanzo ho raccontato di Sabina in piedi seminuda e con la bombetta in testa accanto a Thomas vestito. Ma c'è una cosa che ho taciuto. Lei[..] immaginò che Thomas la mettesse a sedere così com'era, con la bombetta, sulla tazza del gabinetto, dove lei liberava i propri intestini in sua presenza. Gettò Thomas sul tappeto e già urlava dal piacere".

Potremmo citare l'importanza di Descartes per la vita delle mucche nelle stalle a pagina 294, ma quanto è meglio fermarsi qui?
Il sapere bislacco, lo scrivere uterino e "originale" di chi ha vissuto il novecento come un grande "rutto" della cultura, dove il suono è culla e la digestione vendetta: tutto è possibile, quando ami Dostoevskij e Nietzsche al punto da non curarsi minimanente di ricordarne il senso; l'insostenibile leggerezza dell'essere è a tutti gli effetti uno dei più deleteri sprechi di inchiostro della storia della parola - guai dire pensiero - come del resto ogni romanzo attratto dalla filosofia per quel che basta a un titolo o a una didascalia; è forse per questo che l'uomo e la donna di pensiero innocente e inebetito recita spesso, alla domanda sulle proprie letture: "mi è piaciuto molto l'insostenibile leggerezza dell'essere", come se da questa confessione l'interlocutore dovesse trarre un sintomo di profondità dalla coraggiosa dichiarante.

Ma per carità.



p.s. da notare un'opera postmoderna ( in foto) con cui il pittore torinese Roberto Saporito (in foto) ha inteso in maniera altrettanto saporita il libro sinora citato.

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8 commenti:

Anonimo ha detto...

eh..io l'ho provato a leggere un paio di volte ma inevitabilmente mi incagliavo verso pag 50-60..non ho la tua cultura filosofica (ovviamente) ma stride anche all'orecchio di un profano quest'uso disinvolto di metafore presuntuose costruite con l'accetta. mi ha fatto sorridere il tuo post. è proprio così.ilaria

Anonimo ha detto...

E' uno di quei libri che avrei preferito leggere al bagno... Magari ero più "in tema". E' davvero una costruzione KITSCH.

Ps: "Il vero antagonista del Kitsch è l'uomo che pone domande e quindi in qualche modo lo mette in dubbio"

btw, bel blog.

Robert

Simonfrancesco Di Rupo ha detto...

Grazie a Ilaria e Robert

Anonimo ha detto...

[come richiesto]
sei un talentuoso scrittore..utilizzi la parola come un abile spadaccino la sua arma.
hai pensieri profondi e ogni cosa di cui argomenti ha un suo specifico riscontro nei fatti.
saprai bene da solo di avere particolare potere in coloro i quali rimangono folgorati da cotanto ardore comunicativo e dalla ammirevole dialettica fluente e persuasiva.
in maniera disinteressata e modesta volevo solo invitarti a non leggere ogni libro come se la "tua" filosofia dovesse per forza farla da padrona.
può accadere che venga menzionata, tirata in causa; ma non per questo essa deve precludere lo svolgimento di un romanzo che PUò appassionare, interessare, far riflettere ..anche per il più banale dei motivi.
in ultimo, il titolo "l'insostenibile leggerezza dell'essere" non è stato utilizzato come esca-filosofica. tutti riconosceranno l'importanza di famosi filosofi che in molte parti del mondo e in tempi vicini e lontani filosofarono attorno a questo sempre più ignoto quesito.
ma i filosofi non erano forse essere umani?
io sono un essere umano, non sono un filosofo. e anche per me la leggerezza dell'essere è insostenibile.

V.

stella ha detto...

kundera è forse paragonabile, in questa sua opera, ad uno moderno Socrate..con l'arte nobile della maieutica porta il lettore a darsi risposte già insite nel suo cuore e come un delfino nuota dalla superficie alle profondità più buie, il lettore si trova beffardamente in un modo volubile, fatto di antitesi e paradossi, costretto così a fare introspezione..cose c'è di meglio?

p.s. cosa dire di Descartes?..incalzante la menzione al suo egcentrico antropologismo sugli animali.

p.p.s. dedicherai spazio anche alla "lentezza" di Kudera?merita, decisamente.

stella ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Simonfrancesco Di Rupo ha detto...

Mi spiace, ringrazio per la lettura e per lo spunto critico, ma vedere Kundera come un nuovo Socrate mi pare veramente oltre ogni buonsenso.
Già solo per il fatto che Socrate non scriveva, figuriamoci per tutto il resto.
Le risposte già insite nel cuore del lettore ci sono perché nel cuore di ogni lettore c'è anche tanta banalità. In quel senso posso convenire.
Per quanto riguarda la "lentezza" di Kundera mi resta difficile dedicare ulteriore spazio. Il titolo verrebbe troppo lungo: "l'insostenibile leggerezza e l'insostenibile lentezza di Milan Kundera".
Non suona molto bene.

Simonfrancesco Di Rupo

Anonimo ha detto...

L'insostenbibile leggerezza dell'essere è un romanzo, non un saggio filosofico. Kundera è un artista, non un filosofo.
Le tue sono critiche rivolte a nessuno.
Giulio